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Il futuro che verrà

Credo proprio che sia arrivato il momento, alla fine di questa pausa estiva, di pensare ad una pianificazione dell’attività che possa portare al raggiungimento di quegli obiettivi personali e professionali auspicati da ciascuno.

Come ormai sanno in molti, il mio motto é “Hope is not a strategy” e sta fondamentalmente a significare che, se rincorriamo gli eventi, invece di creare un mercato innovandolo, rischiamo di non far parte di quei processi di crescita delle risorse economiche, umane e di mercato. Seppure complessi da realizzare, perché richiedono competenze strategiche di pianificazione, i piani di sviluppo rendono credibile il processo di crescita sul quale bisogna lavorare per costruire il futuro.

In questa visione non bisogna tralasciare neanche quegli aspetti che apparentemente non interessano lo studio dentistico in modo diretto, ma fanno parte di una grande transizione culturale e sociale, come ad esempio le tematiche riguardanti l’energia e la sostenibilità dell’ecosistema e dell’ambiente (green economy nel recovery fund).

Certamente la visione più immediata del cambiamento innovativo è quella della transizione digitale dove anche la pubblica amministrazione sta investendo in modo sostanziale, attraverso bandi di gara per riuscire a coprire una diffusione della rete in grado di fornire in maniera affidabile l’utilizzo del flusso digitale che la vede sempre maggiormente coinvolta in una operatività con investimenti nell’area economica, fiscale, della politica, dell’istruzione e della sanità…

Non è solo una sfida che oggi si può affrontare perché c’è disponibilità di risorse del Recovery Fund, ma è un’esigenza direi fisiologica per il futuro stesso dell’economia.

Dobbiamo tutti riuscire ad avere questa visione prospettica ed immaginare ad esempio che la nuova classe dirigente sarà composta dai bambini di oggi e che la scuola dovrà formare una richiesta di occupazione che oggi è impensabile per molti, soprattutto perché esisteranno dei nuovi lavori, delle nuove professioni e tantissimi servizi che oggi sono praticati con gli impieghi tradizionali delle risorse umane, domani saranno digitalizzati, automatizzati.

Abbiamo già pronti i software di comunicazione automatizzata medico paziente, non per ricordare il compleanno dei pazienti, ma per seguire e gestire i flussi di un percorso motivazionale diagnostico terapeutico fino alla diffusione della gestione telematica della prognosi, della telemedicina con il televideo consulto.

Il big data della sanità modifica lo scenario attuale e futuro se consideriamo che ne fanno parte anche tutte quelle informazioni che arriveranno dai vari device che fanno non solo parte della nostra vita ma sono la nostra stessa vita.

Vedo chiaramente pazienti che definiranno i pagamenti delle terapie autonomamente attraverso delle app o dei tools digitali collegati al software gestionale dello studio pianificando accrediti automatici e compilando autonomamente questionari per i fondi integrativi dedicati nel caso ne abbiano l’opportunità.

Pagamenti elettronici e accesso alle informazioni cliniche digitali, aumento della comunicazione che si prende cura del paziente e riduzione dei costi gestionali, perfino una nuova visione nel lavoro della segreteria di questi studi medici con usanze che non avranno più senso di esistere e dove potremmo anche incontrare delle aso specialiste o addirittura specializzate per la branca dell’ortodonzia, dedicate ai bambini, oppure all’estetica, o alla chirurgia,…

Una trasformazione digitale che oltretutto rende flessibile e fluido il tempo, modificando anche certi orari e certi lavori impostati direi quasi anacronisticamente sotto il profilo giuslavoristico, perché pensati quando la digitalizzazione di massa non esisteva.

Sicuramente una visione che per molti è fantascienza, per tanti futuro ma per qualcuno già una realtà. Se andiamo a leggere i report del World Economic Forum sul tema del futuro del lavoro ci rendiamo proprio conto che esisteranno lavori di cui oggi non conosciamo neanche il nome e che il cambiamento di questo mondo è così rapido nel tempo per cui molti si formeranno direttamente sul campo, stravolgendo il vecchio paradigma della formazione teorica…

Il digitale, non dimentichiamocelo, è stato il nostro alleato durante l’emergenza sanitaria, soprattutto nella nostra necessità di interagire con gli altri nella prima fase della pandemia.

La stessa pandemia ha accelerato la transizione digitale rafforzando il ruolo fondamentale di queste tecnologie come un pilastro di un flusso organizzativo e produttivo ormai irrinunciabile. Non è solo una questione di investimenti, ma è un fatto culturale, un’appartenenza ad un mondo che necessita di una costante connettività e che attraverso questa produce effetti economici importanti.

La digitalizzazione anche della comunicazione ha generato un nuovo paradigma di equità rendendo accessibile un’informazione, al tempo stesso però si è resa necessaria la tutela verso consumatori che possono essere facilmente influenzati negativamente da messaggi pubblicitari non dettati da etica e deontologia medica ma da finalità esclusivamente commerciali.

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